ENTRATE – Salario accessorio anni pregressi

22 Gennaio 2018

SALARIO ACCESSORIO ANNI PREGRESSI

TASSAZIONE REDDITI

PARERE E RICHIESTA DI INTERVENTO

 

Al Direttore del Personale dell’ Agenzia delle Entrate
dott. Aldo Polito
SEDE

 

Oggetto: Salario accessorio anni pregressi – Tassazione redditi. Parere e richiesta di intervento.

Egregio Direttore,

Fermo restando la consapevolezza che il sistema di relazioni sindacali non attribuisce competenza alcuna in merito alla questione di cui all’oggetto, trattandosi di materia tributaria di competenza degli Organi legittimamente preposti, pur tuttavia lo Scrivente Coordinamento ritiene di poter esprimere almeno delle semplici considerazioni, in ragione del fatto che un diverso orientamento applicabile al salario accessorio dei colleghi in servizio nell’Agenzia delle Entrate, che come è noto è percepito con oltre due anni di ritardo (le competenze del salario accessorio 2015 devono essere a tutt’oggi ancora “saldate”, quindi con ritardo che sarà probabilmente di 30 mesi, mentre per il 2016 non sarà inferiore ai 20 mesi, entrambi i dati sono stimati), “inciderebbe” in maniera fortemente negativa sul piano economico, determinando un “ingiusto” danno a tutto il personale in servizio, funzionari e dirigenti.

Quanto sopra fa riferimento alla Risoluzione n. 151/2017 dell’Agenzia delle Entrate, in materia di tassazione degli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente.

La questione, in concreto, verte sul concetto di fisiologia del “ritardo” (ma è concepibile un “ritardo fisiologico”, oppure il ritardo è da considerarsi sempre patologico?).

La Risoluzione, in verità, non fornisce una risposta chiara ed univoca: infatti, nell’ultimo capoverso, nell’affermare che sicuramente la corresponsione nel 2017 di emolumenti riferiti agli anni 2013 e 2014 (quindi erogati almeno il terzo anno successivo a quello di spettanza) è soggetta a tassazione separata, lascia aperta la possibilità della tassazione ordinaria per emolumenti del 2015 (quindi due anni), quando indica che “occorre valutare se ricorrono le condizioni per l’applicazione di detta tassazione [separata], fermo restando che la circostanza che l’erogazione avvenga oltre l’anno immediatamente successivo a quello di maturazione di per sé non è sufficiente a ritenere non fisiologico il ritardo”.

Quindi dalle considerazioni di cui sopra, si evince, invece, che una corresponsione di emolumenti nell’anno successivo a quello di spettanza possa comunque non essere affatto interpretata come corresponsione con un “ritardo fisiologico” e, quindi, concludere che tale corresponsione possa ben essere soggetta a tassazione separata.

Lo svolgimento del parere merita la sottolineatura di alcuni punti, tutti suscettibili di approfondimento e non certo costituenti “dogmi” o “certezze assolute”.

Ad esempio, parlando della ratio della tassazione separata, qual è il significato da attribuire al fatto che le somme vengano pagate con ritardo “per cause indipendenti” dalla volontà delle parti?. In altri termini, se le procedure amministrative o burocratiche in genere creano quel ritardo, di sicuro ci troviamo in una situazione “non dipendente dalla volontà delle parti”.

Per l’applicazione della tassazione separata, oltre all’aspetto temporale, è necessaria anche la presenza di cause giuridiche o “oggettive situazioni di fatto”. Quest’ultima condizione, però, necessita a sua volta di una indagine delle circostanze che le hanno determinate, per valutare se siamo in presenza di una fisiologia o meno del ritardo (ammesso che ciò sia possibile).

Sul punto viene citata la Risoluzione n. 377/2008, che rimanda ad una fisiologia dello stesso ritardo quando siamo in presenza di procedure complesse per la liquidazione dei compensi, ritenendolo tale quando ci sia conformità a quelli relativi ad analoghe procedure utilizzate ordinariamente da altri sostituti d’imposta.

Al riguardo si potrebbe obiettare che non è la conformità ad analoghe procedure a dare un “sigillo” di fisiologia del ritardo, perché la questione attiene alle procedure in sé, che spesso dipendono sia dall’organizzazione dell’ente che eroga, sia dalla interdipendenza dell’ente stesso con altri enti collegati (soprattutto se superiori o dotati del potere di certificazione delle somme da erogare), a loro volta soggetti a problematiche afferenti l’organizzazione interna degli stessi.

A ciò si aggiunga la complessità delle successive procedure di contrattazione su tali emolumenti, soprattutto legate a pareri, svincoli, assensi da parte di altri enti ancora (vedi ARAN, Ragioneria Generale dello Stato, Corte dei Conti, MEF).

Orbene, in un coacervo simile di enti, procedure e soggetti di vario tipo, il contribuente finale lavoratore dipendente non può certo scontare una tassazione maggiore, quale soggetto definitivamente inciso dalla tassazione, e pertanto il ritardo dovuto a tutto quanto sopra descritto potrebbe sicuramente rientrare nelle precitate oggettive situazioni di fatto non dipendenti dalla volontà delle parti.

Sul punto è da registrare l’interessante sentenza della Corte Costituzionale, la n. 142 del 2014, che analizza la questione riguardante il trattamento tributario degli arretrati spettanti ai giudici tributari.

Al di là dell’ aspetto soggettivo della questione, il Giudice delle Leggi, richiamando la regola generale di tassazione dei redditi di lavoro dipendente, ex art. 51 TUIR, e per la quale vige il “principio di cassa”, con l’unica eccezione riguardante il principio di cassa “allargata” (entro il 12 gennaio dell’anno successivo), riprende l’ordinanza di rimessione, che ha rappresentato come per gli emolumenti in questione, la norma di cui all’art. 39, co. 5, DL 98/2011 abbia assoggettato a tassazione ordinaria gli emolumenti arretrati in questione se pagati entro l’anno d’imposta successivo a quello di competenza.

Il giudice rimettente ha intravisto la violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione, e soprattutto verrebbe ampliato il principio di cassa allargata da 12 giorni all’intero anno successivo.

La Corte Costituzionale ha ritenuto manifestamente fondata la questione relativa a tale allargamento per la suddetta categoria di lavoratori. A parere dello scrivente, gli stessi concetti possono essere mutuati per le altre categorie di lavoratori (pubblici) che necessitano di tempi tecnici per poter erogare i compensi spettanti, consistendo – il ritardo – in una “conseguenza fisiologica”.

Sul punto, quindi, si rimanda a quanto esaurientemente ha spiegato la Corte nella sentenza in questione; in particolare, si possono richiamare i seguenti passaggi (par. 4.1 della sentenza):

  • Nel sottrarre in misura così anomala al regime della tassazione separata il ritardo degli apparati dedicati alla quantificazione e alla liquidazione delle competenze (…), di fatto la norma impugnata ha vanificato l’effetto mitigatore e correttivo del regime della tassazione per cassa (…).
  • La finalità di limitare in qualche modo gli effetti delle modalità temporali di liquidazione (…) viene nella sostanza neutralizzata dall’introduzione di una disposizione idonea a rendere ininfluenti, a danno del contribuente, anche tempi tecnici anomali come quelli che raggiungono la durata di un anno.
  • In proposito, questa Corte ha affermato che “le finalità sottese alla previsione dello speciale sistema della tassazione separata vanno ricercate nella esigenza di attenuare gli effetti negativi derivanti dalla rigida applicazione del “principio di cassa” nei riguardi di redditi formatisi nel corso di periodi di imposta precedenti quello di percezione delle somme […] dunque la ratio dell’istituto in esame é quella di evitare il determinarsi di una iniqua applicazione del meccanismo della progressività IRPEF (cfr. sent. 287/1996).
  • L’istituto della tassazione separata, quindi, si giustifica proprio nella misura in cui costituisce per il contribuente un rimedio per evitare un’applicazione ingiustificatamente gravosa del principio di cassa. Non è invece possibile che dalla stessa possano derivare anche effetti sfavorevoli (…) anche perché la sua applicazione è concepita [addirittura] come una facoltà del contribuente [imprenditore] che ben potrebbe rinunciarvi laddove (…) dovesse risultare svantaggiosa [optando per quella ordinaria].- Lo stesso principio di favor (…) è espresso (…) in tema di iscrizione a ruolo delle maggiori imposte per emolumenti arretrati da lavoro dipendente [ex art. 17, co. 3, TUIR] (…) facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell’anno in cui sono percepiti se ciò risulta più favorevole al contribuente. Inoltre, al par. 4.3, soggiunge:- Dunque, la particolarità della loro erogazione, concentrata in un unico (e successivo) periodo di imposta, a fronte di una maturazione derivante dalla sommatoria di un certo numero di periodo precedenti [necessari per le incombenze previste], esige l’applicazione del suddetto criterio, appunto al fine (…) di evitare gli eccessi distorti dell’applicazione del criterio della progressività dell’IRPEF.

Continuando, la sentenza si sofferma sul fatto che, in realtà, la norma censurata (e a maggior ragione la Risoluzione oggetto del presente lavoro) ha come fine quello di incrementare il gettito d’imposta. Addirittura, ciò è contenuto nella relazione della Camera dei Deputati di accompagnamento alla norma, a dimostrazione del fatto che si era ben consci degli effetti (distorsivi) della stessa.

Vi è da dire, inoltre, che la Risoluzione n. 151/2017 riprende la citata Risoluzione n. 377/2008, ed anche se ambedue invocano la Circolare n. 23/1997, la citata Corte Costituzionale non pare fare sconti ad alcuno.

In estrema sintesi, parrebbe potersi concludere che la Corte Costituzionale ha affermato che anche il pagamento entro l’anno successivo deve essere assoggettato a tassazione separata, in quanto il ritardo è soltanto quello ammesso dalla deroga di cui al principio di cassa allargata, unica deroga ammessa all’unico principio di tassazione dei redditi in questione, ossia quello di cassa.

Egregio Direttore,

La ringraziamo per l’attenzione che porrà alla presente considerazione/nota, alla luce delle evidenti “ricadute” negative che subirebbe tutto il personale in servizio nell’Agenzia che, oltre a subire “l’enorme” ritardo nella corresponsione del proprio salario accessorio, si vedrebbe “beffato” ed “ingiustamente” penalizzato nella sua “capacità contributiva”, per effetto della possibile applicazione (nei termini di cui sopra) di una Risoluzione, che sembra fare riferimento ad una aliquota di tassazione (ordinaria) che cumula redditi prodotti uno, anche due o addirittura tre anni precedenti, in ragione di un presunto fisiologico ritardo.

A parere dello scrivente, quanto sopra evidenziato è in contrasto con le vigenti disposizioni in materia, soprattutto perché il ritardo nella corresponsione del salario accessorio di tutti i colleghi in servizio nell’Agenzia delle Entrate, funzionari e dirigenti, non può in alcun modo qualificarsi come “fisiologico” e quindi, qualunque sia l’intervallo temporale della sua riscossione, non può che essere soggetto a tassazione “separata”.

Con riserva di intervento in tutte le opportune sedi.

Con i più cordiali saluti.

IL COORDINATORE NAZIONALE CONFSAL – UNSA
PER LE AGENZIE FISCALI
Valentino Sempreboni