Coordinamenti Nazionali Agenzia Entrate
SUMMUM IUS SUMMA INIURA
Ovvero quando dietro la rigida osservanza della legge si nasconde il biasimo
per le esigenze dei lavoratori
Lo scorso 9 settembre si è tenuto l’incontro previsto dal verbale di intesa firmato il 5 agosto tra Agenzia delle Entrate e le Organizzazioni Sindacali. Purtroppo, anziché sancire l’accordo sugli istituti di conciliazione vita-lavoro, la riunione ha rivelato la distanza tra le istanze dei lavoratori e l’immobilità del datore di lavoro.
Riteniamo di aver dato tutta la collaborazione possibile, offrendo un contributo progettuale che cercava di contemperare le esigenze di funzionamento degli uffici con quelle di contrastare la diffusione del virus, senza che il trattamento economico e giuridico dei lavoratori ne continuasse a risentire, come invece è stato in questi mesi.
È stato invece plasticamente chiaro dalla proposta presentata dall’Agenzia delle Entrate che la loro idea era quella di continuare – con alcune limitazioni ulteriori – il lavoro agile fino a fine anno continuando a risparmiare traslando i costi relativi sui lavoratori. Questo per noi è inaccettabile.
Come se non bastasse, il Capo Divisione Risorse ci ha informato che sarebbe uscita una circolare esplicativa unilaterale riguardante l’applicazione dello smart working. Abbiamo unitariamente chiesto che la circolare fosse compatibile con l’accordo nazionale da raggiungere al più presto tra amministrazione e sindacati nazionali e quindi rinviata a dopo la firma di un accordo, ma evidentemente non siamo stati ascoltati poiché la Circolare è uscita oggi, nonostante il prossimo incontro sia fissato per martedì prossimo
Deve essere chiaro ai lavoratori che quello dell’Agenzia è un atto unilaterale, non condiviso, e costituisce un vulnus per il prosieguo del confronto, nel senso che qualora alcune sue parti non dovessero essere modificate sarà impossibile per queste organizzazioni sindacali addivenire ad un accordo.
Per esempio, la nozione di convivenza con soggetti fragili prevista dall’Agenzia è quanto di più ingiusto abbiamo letto sull’argomento. Non ha senso prevedere quale prerequisito di convivenza la medesima residenza quando sappiamo bene noi (e l’amministrazione) che vi sono molti colleghi che costituiscono l’unico collegamento tra anziani fragili e mondo esterno anche laddove non vi sia una condivisione della residenza. Sarebbe bastato prevedere, al massimo, la preesistenza della residenza nello stesso comune per assicurare un minimo di giustizia
Nonostante ciò, ancora una volta, e solo per senso di responsabilità verso i lavoratori e i contribuenti, abbiamo elaborato un ulteriore contributo che sarà presentata in vista dell’incontro di martedì prossimo. Speriamo che la nostra volontà di addivenire ad un accordo sia finalmente assecondata da un’amministrazione che sembra non avere più il “polso della situazione” dei lavoratori negli uffici.
Roma, 11 Settembre 2020
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FLP |
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