ENTRATE – Comunicato unitario Smart working e permessi brevi

13 Ottobre 2020

Coordinamenti Nazionali Agenzia Entrate

ACCORDO NAZIONALE SULLO SMART WORKING E PERMESSI ORARI
USB DIMOSTRA MALAFEDE O IGNORANZA. IN ENTRAMBI I CASI È GRAVE!

Dopo alcune settimane dall’accordo nazionale del 17 settembre u.s. che ha definito la regolamentazione provvisoria del lavoro agile e la c.d. “fase del rientro” (messa in dubbio dalla ripresa dei contagi), rileviamo ampio consenso dai lavoratori e forti segnali di ripristino della legittimità grazie alla contrattazione territoriale a cui l’accordo nazionale ha dato piena forza per contrastare le iniziative unilaterali dei molti dirigenti poco “illuminati”.

Ci aspettavamo, così come è stato, che qualche dirigente cercasse “mezzi e mezzucci” per limitare le ampie garanzie che abbiamo introdotto in materia di lavoro agile con il disciplinare normativo… non immaginavamo, invece che la O.S. Usb, non firmataria dell’accordo, per malafede o per ignoranza, portasse confusione per quanto riguarda il tema dei permessi orari non previsti se la prestazione è svolta in modalità agile.

Vorremmo essere chiari su questo tema per evitare che qualche genio di datore di lavoro ne approfitti…

L’impossibilità dell’utilizzo dei permessi orari, oltre ad essere specifica regolamentazione generale del lavoro agile (così come già in passato sottoscritto da tutte le OO.SS. in occasione dell’accordo sul telelavoro, firmato da USB), è coerente con la circostanza che il lavoratore, in modalità agile, non è tenuto ad un “rigido e predeterminato orario di lavoro”.

Come è ben descritto all’art. 6, commi 1 e 8, dell’accordo del 17 settembre u.s.: è il lavoratore agile che sceglie come distribuire quotidianamente in maniera flessibile il suo ordinario orario (comma 1). È, quindi, lo stesso lavoratore che ha l’autonomia di distribuire il tempo e le attività lavorative assegnate durante le giornate di lavoro agile (comma 8). Insomma, le attività a lui assegnate sono dallo stesso organizzate per effettuarle nell’ambito della fascia giornaliera dalle 7.30 alle 20.00, conciliandole con le esigenze personali e familiari.

I riflessi positivi di tale autonoma gestione dell’attività lavorativa e del tempo di lavoro sono che:

1. qualsiasi esigenza personale o familiare legata all’interruzione oraria e/o alla necessità di inizio posticipato (o di fine anticipata) può essere soddisfatta senza che venga chiesto nessun permesso orario. L’esigenza, per ipotesi, della visita medica o quella di una passeggiata per interrompere la routine lavorativa, può essere soddisfatta senza chiedere alcun permesso orario.

2. Per soddisfare le esigenze personali, quindi, non si è sottoposti ad alcuna preventiva autorizzazione perché non è da chiedere alcun permesso.

3. Non servono giustificativi o previsioni di legge per soddisfare tali esigenze.

4. I permessi orari, spesso legati ad un tetto massimo usufruibile nell’arco dell’anno, possono così più proficuamente essere utilizzati nei giorni in cui l’attività lavorativa si svolge in presenza in Ufficio.

Tutti questi aspetti ci spingono a ritenere che, per questa tipologia di lavoro agile, il mancato riconoscimento dei permessi orari non è un danno per le lavoratrici ed i lavoratori ma un migliore bilanciamento delle esigenze personali con quelle lavorative.

Ecco perché riteniamo che USB sta strumentalmente cavalcando un “non problema” per malafede o per ignoranza: in entrambi i casi, grave!!

A proposito di ciò nulla aggiunge il parere Aran dello scorso 20 settembre tanto “osannato” dalla suddetta sigla sindacale in quanto, intervenendo sulla regolamentazione agile nel comparto degli enti locali, configurerebbe la possibilità del permesso orario esclusivamente nel caso in cui tale esigenza ricadesse nella fascia di contattabilità del lavoratore in modalità agile (che deve essere limitata a pochissime ore giornaliere: 2 ore nel comparto enti locali) e che quindi tale fascia di contattabilità fosse particolarmente vincolante rispetto all’autonomia organizzativa dell’attività lavorativa. Vincoli, questi ultimi, che il nostro accordo nazionale del 17 settembre u.s. non ha previsto né risultano riservati alla fascia di contattabilità (che, comunque, deve essere limitata a pochissime ore)

Fra l’altro, la suddetta sigla, a maggior ragione dimostra ignoranza o malafede visto che questo parere di “nicchia” non è nuovo ma già nei mesi scorsi analoghi sono stati emanati dall’Aran e sono stati oggetto di argomentazione anche ai nostri tavoli nazionali di contrattazione dove la suddetta sigla nulla apporta di proficuo e costruttivo a favore dei lavoratori tanto è vero che è “distratta” o non “comprende” i temi quando essi sono trattati, come per esempio in questo caso o, come accaduto di recente, neanche si presenta per il confronto su importanti temi.

Chiudiamo con una semplice domanda: ma se fa così schifo l’accordo del 17 settembre, per quale motivo i delegati locali dell’USB sono i primi a pretenderne l’applicazione in sede locale? Non sarà, forse, che quell’accordo obbliga l’amministrazione a non procedere unilateralmente e quindi costringe la controparte a “venire a patti” con le esigenze dei lavoratori? Altro che sconfessarci. L’ARAN rafforza in noi la convinzione di aver fatto un ottimo accordo, nell’esclusivo interesse dei lavoratori. Propaganda e demagogia le lasciamo a chi ormai fatica a conquistarsi in altro modo il consenso dei lavoratori.

Roma, 13 Ottobre 2020


CISL FP

Uil Pa

CONFSAL UNSA

FLP

Silveri

Cavallaro

Sempreboni

Patricelli

 

UNITARIO Su PERMESSI LAVORO AGILE
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