Un commento del coordinatore
La colpa è sempre … dei dipendenti pubblici ?
Appena si apre un dibattito sulle “questioni” che “attanagliano” il Paese, parte subito una “carica”, come le “testuggini romane e/o le falange ateniesi” di antica memoria, contro i dipendenti pubblici italiani, “rei” delle peggiori nefandezze.
Ora è partito un nuovo “spot” ovvero quello per il quale non è giusto che i lavoratori pubblici non siano equiparati a quelli privati, ad esempio in materia di cassa integrazione.
Nei mesi scorsi è stata una corsa a parlare di “contributo “di solidarietà ovvero addirittura di sospensione del rapporto di lavoro pubblico.
Siamo sicuri che in qualche altra “sala parto” sono in gestazione altre idee “geniali”.I responsabili di questo attacco rappresentano la “intellighenzia” di questo sfortunato Paese, un elenco lungo e ben articolato (in termini ideologici e professionali).
Tutte le loro valutazioni passano, a nostro parere, da un concetto errato alla radice: anziché lavorare per innalzare le tutele ed i diritti di tutti (TUTTI) i lavoratori, come dovrebbe essere in un Paese avanzato e modernizzato meglio continuare ad abbassare e/o eliminare qualche diritto elementare regolato dalla legge e dai contratti relativamente a “cluster” di lavoratori, come quello dei pubblici.
Obiettivo:
estendere la precarietà dello “status” di lavoratore, pubblico o privato non importa, come concetto “naturale”, a sostegno di un disegno nemmeno tanto oscuro ovvero quello di contribuire ulteriormente ad aumentare il divario delle disuguaglianze economico-sociali, il divario di reddito e di patrimonio, il divario culturale (consiglieremmo ben volentieri qualche buon testo sul tema, visto che quando ci si sente “arrivati” anziché ascoltare gli altri si preferisce “pontificare”).
Insomma, mettere tutti a “paghetta”, un disegno da fine impero, mentre i loro compensi (retribuzioni – indennità – pensioni e quant’altro) di giornalisti ed “opinion leader”, politici della prima e della seconda ora, giuristi – filosofi – studiosi – esperti, di tecnici “tuttologi” rimangono intoccabili ed ampiamente tutelati.
Una visione tragicomica di sistema, a danno di tutti ed a beneficio solo di qualcuno, altro che “capitalismo” della prima ora. Questi personaggi che, si badi bene, negli anni hanno occupato, e continuano in qualche caso ancora a farlo, posti di responsabilità nel sistema, anziché fare “mea culpa” per i gravi errori che hanno contribuito a commettere, visto lo stato in cui si trova il Paese, preferiscono esprimere “giudizi” di valore, etico e non, naturalmente verso gli altri.
A nulla serve sottolineare che i Lavoratori oggetto di questo attacco hanno dovuto aspettare dieci anni per vedersi rinnovato un Contratto Nazionale, in termini miseri sul piano economico e non parliamo su quello giuridico (alla faccia del rispetto delle regole democratiche ed economiche); a nulla serve evidenziare che questi lavoratori sono ancora in attesa (dopo due anni) di vedere un nuovo Contratto di Lavoro degno di questo nome, con regole moderne e profili professionali aggiornati, con un Area Quadri contrattualizzata e percorsi di carriera ben “identificati”, anziché ancorarsi a “sterili” principii (anche di natura costituzionale) che alla “bisogna” vengono “piegati” alla volontà dell’establishment.
Quindi, in conclusione, un messaggio alla collettività: non serve a niente fare le “dediche” agli eroi (conosciamo “sanitari” che hanno perso elementi di retribuzione per essere stati volontariamente assegnati a reparti “Covid”), mal pagati e mal organizzati (come tutti i dipendenti pubblici italiani, soprattutto rispetto ai parametri europei), ovvero non serve esprimere solidarietà a tutti coloro che con abnegazione si sono sacrificati per mantenere i livelli di servizi a supporto della nostra società.
Non è vero che “riusciremo a farcela”, non è vero soprattutto se continueremo, per volontà politica, a non fare pagare le “imposte” secondo la propria capacità contributiva, se non metteremo al centro del sistema l’UOMO ed il LAVORO, se non costruiremo un apparato di regole moderno ed efficiente, se non faremo del LAVORO PUBBLICO un bene primario per il Sistema Paese.
Non servono eroi e non servono proclami, bensì una classe politica degna di questo nome che sappia analizzare, valutare e decidere per il bene collettivo.
Non servono “manager” di bravura mondiale, ma uomini del “saper fare” e del “saper lavorare” a beneficio della intera Società, delle Amministrazioni e degli apparati pubblici e privati.
Serve gente che anziché trovare nell’altro il nemico da abbattere, metta in dubbio le proprie capacità e le relative decisioni, si “metta” quotidianamente in gioco al servizio dell’altro.
Servono poche regole ma chiare, servono Donne ed Uomini in grado di fare la differenza, servono riforme di sistema, serve insomma una vera classe di “decisori” politici ed amministrativi che sappiano far fare all’ITALIA il salto di qualità da NOI tutti atteso.
Le “chiacchiere” stanno a zero, servono immediatamente fatti, altrimenti … è tutto perso.
Il Coordinatore Nazionale CONFSAL-UNSA AGENZIE FISCALI
Valentino Sempreboni